In una lunga intervista al Tg1, Papa Francesco ha affrontato diversi temi legati all’attualità del mondo: guerre e non solo.
C’è tanta umanità ma anche voglia di dare una mano per affrontare e dire basta alle guerre nelle parole di Papa Francesco al Tg1. Intervistato dal direttore del telegiornale, Gian Marco Chicchi, Bergoglio ha sottolineato la sua posizione in merito al conflitto tra Israele e Hamas ma ha anche ricordato quello tra Ucraina e Russia, raccontando anche un retroscena che in pochi sapevano e che lo riguarda da molto vicino.
Papa Francesco e la guerra Israele-Hamas
“Ogni guerra è una sconfitta. Non si risolve nulla con la guerra. Niente”, ha subito precisato il Pontefice. “Tutto si guadagna con la pace, con il dialogo. Sono entrati nei kibbutz, hanno preso ostaggi. Hanno ucciso qualcuno. E poi la reazione. Gli israeliani andare a prendere quegli ostaggi, a salvarli”.
“Nella guerra uno schiaffo provoca l’altro. Uno forte e l’altro più forte ancora e così si va avanti. La guerra è una sconfitta. Io l’ho sentita come una sconfitta in più. Due popoli che devono vivere insieme. Con quella soluzione saggia: due popoli due Stati. L’accordo di Oslo: due Stati ben limitati e Gerusalemme con uno status speciale”, ha detto ancora il Papa.
“[…] Io penso che la saggezza umana fermi queste cose. Sì, c’è la possibilità ma … e a noi questa guerra ci tocca per quello che significa Israele, Palestina, la Terra Santa, Gerusalemme ma anche l’Ucraina ci tocca perché è vicina”.
Il retroscena sul conflitto Russia-Ucraina
Il pensiero di Bergoglio, però, è andato anche all’altro importante conflitto, quello tra Russia e Ucraina. In tal senso il Papa ha svelato di aver fatto un tentativo di persona per mediare.
“Il secondo giorno della guerra in Ucraina sono andato all’ambasciata russa, ho sentito che dovevo andare lì e ho detto che ero disposto ad andare da Putin se serviva a qualcosa”, il commento del Pontefice.
“L’ambasciatore bravo, ha finito adesso, un funzionario della Russia. E da quel momento ho avuto un buon colloquio con l’ambasciata russa. Quando io presentavo dei prigionieri, io andavo lì e loro liberavano, hanno liberato anche da Azov. Insomma l’ambasciata si è comportata molto bene nel liberare le persone che si potevano liberare. Ma il dialogo si è fermato lì. In quel momento mi scrisse Lavrov: ‘Grazie se vuole venire, ma non è necessario’. Io volevo andare da entrambe le parti”.